Nella sua esperienza di apprendistato e di lavoro maturata nei primi decenni del ‘900, Giuseppe Carlo Bobbi ha acquisito un patrimonio di conoscenze e di abilità che lo hanno accompagnato nel suo percorso artistico e posto all’attenzione degli estimatori dell’arte e dell’archeologia suoi contemporanei.
Le opere d’arte restaurate sono numerosissime e si trovano principalmente in Lombardia, quasi impossibile enumerarle, tra queste: dalle statue sulle guglie del Duomo di Milano, danneggiate dai bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale, a quelle dei giardini della Villa Reale di Milano e, tra queste, la Trilogia di Adolfo Wildt.
La conoscenza dei materiali e delle tecniche di lavorazione, unita ad una rara capacità di esecuzione, fece di Giuseppe Carlo Bobbi una risorsa preziosa anche per gli archeologi.
Numerosi ed importanti sono stati i reperti archeologici che curatori, sopraintendenti e direttori di musei hanno affidato negli anni alle sue cure.
Tra questi forse il più celebrato a metà novecento fu il cosidetto “trono romano di Pavia”, venuto alla luce presso il ponte vecchio a seguito delle opere di ricostruzione del ponte dopo i bombardamenti della seconda guerra, esposto nella Sala Longobarda del Museo Archeologico di Pavia.
La seggiola é formata da due elementi portanti che si incrociano a X, tramite un giunto sferico che ruota su un perno di ferro. Tutte le parti della sella sono decorate con nielli e con agemine in argento e rame dorato. Tra i molti motivi ornamentali si trovano figurazioni simboliche e araldiche con animali affrontati, greche, intrecci, meandri, racemi vegetali e, in una placchetta, un albero della vita. I piedi hanno forma di zampe di leone.
La rarità del pezzo ha attirato l’attenzione di molti studiosi che ne hanno proposto differenti utilizzi e diversificate datazioni. Sembra probabile che una sedia pieghevole di questo tipo, inquadrabile nella tipologia delle “Sellae Castrenses” di tradizione romana e alto-medievale, potesse appartenere al corredo di un militare di alto rango o di un magistrato. Pur non mancando confronti in etá longobarda, l’esempio pavese sembra riportare con maggiore sicurezza all’ambito carolingio – ottoniano. (S. LOMARTIRE, Scheda “Sella Plicatilis” in Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno)
La sedia pieghevole attribuita oggi all’arte carolingia o ottoniana, è un esemplare raro per la complessità tecnica e il raffinato decoro, e i due plutei del VII secolo raffiguranti l’albero della vita tra draghi alati e un calice affiancato da pavoni, riconosciuti come arredi presbiteriali della chiesa di S. Maria Teodote, che ben documentano la rinascita artistica al tempo del re longobardo Liutprando (711-774 d.C.) (descrizione tratta dal sito del Museo Archeologico di Pavia – Sala Longobarda)
(nell’immagine di apertura la Sella Plicatilis restaurata da Giuseppe Carlo Bobbi)